IL RESTAURO DELLO STEINWAY & SONS GRAND PIANO 15150 (1867)
Aspetti storici
Questo pianoforte Steinway & Sons, n.15150, del 1867, di 220 cm di lunghezza, con un’estensione di sette ottave (LA01, LA6), è un esempio della prima tipologia pianistica della casa newyorchese, dopo l'applicazione delle corde incrociate. Tale tipologia, caratterizzata da una sonorità purissima e calorosa, e da un'amplissima tavolozza dinamica e timbrica, fu prodotta per un periodo di tempo piuttosto breve, dal 1859 al 1871 circa. Essa fu in seguito modificata dai brevetti della Duplex Scale e della Capo d'Astro bar, elaborati da Theodor Steinway e dal fisico acustico Hermann L.F. von Helmoltz. Tali brevetti delinearono un assetto costruttivo che divenne il prototipo del pianoforte moderno, aprendo la strada a un'idea tendenzialmente diversa di pianoforte, in parte divergente dall'ideale romantico, e in seguito interpretata e sviluppata dai compositori del Novecento.
Th. Steinway (intrecciando le competenze di ingegnere acustico, costruttore e pianista), ottenne quarantacinque brevetti fra il 1868 e il 1885, fra i quali quelli sopra menzionati. Sembra tuttavia che le maestranze della manifattura newyorkese tentassero talvolta di dissuaderlo dall'apportare ulteriori modifiche alla tipologia qui descritta, ritenendola perfetta.
Questo strumento fu costruito a New York nel 1867, lo stesso anno in cui il marchio Steinway ottenne all’Expo di Parigi un successo incontrastato sui coevi pianoforti europei. In tale occasione i pianoforti Steinway ricevettero il massimo riconoscimento in tutte le categorie pianistiche (Grand, Upright e Square), da una giuria che annoverava al suo interno anche musicologi di fama, quali François J. Fétis e Edward Hanslick.
L'incordatura, come si è detto, è a corde incrociate (il relativo brevetto, menzionato nella scritta sul telaio, fu registrato da Henri Steinway Jr. nel 1859): tale disposizione delle corde contribuisce a definire quei caratteri di rendimento fonico, che stupirono in quegli anni il pubblico internazionale e la critica.
Lo spostamento dei ponticelli verso il centro della tavola armonica incrementò infatti la purezza e la rotondità del transeunte, contribuendo a configurare la tipica e ben nota sonorità, quasi “smaltata”, della tipologia Steinway. I parametri di decadimento del suono (soprattutto nel registro medio-acuto), migliorarono oltre gli standard prevalentemente riscontrabili nei migliori strumenti a corde diritte dei più prestigiosi marchi europei del tempo.
L’innovativa concezione dei martelli (caratterizzati dall’uso di feltri d’inusitato spessore per quel tempo), introdotta dai costruttori americani (Chickering, Steinway), si coniugò all’ampiezza di rendimento del sistema acustico, garantendo un incremento dinamico nelle due opposte direzioni del fortissimo e del pianissimo. Tale carattere fu ben rilevato dalla commissione giudicatrice dell’Expo del 1867, che scrisse:
“Per quanto riguarda l'espressione, la delicatezza di sfumature e la varietà d’accentuazione, gli strumenti del Sig. Steinway mostrano rispetto a quelli dei suoi concorrenti un vantaggio incontestabile. Il pianista sente sotto le sue mani una meccanica duttile e facile, che gli consente di essere a volontà potente o leggero, veemente o delicato. Questi pianoforti sono al tempo stesso lo strumento del virtuoso, che vuole stupire con l’éclat della sua esecuzione, e dell'artista, il quale applica il suo talento musicale al pensiero e al sentimento lasciatoci in eredità dagli illustri maestri...”.
Lo spicco e la cantabilità aumentano progressivamente, inoltrandosi verso la tessitura sovra acuta del soprano, evidenziando una sorta di prestanza fonica, rimasta tipica della tipologia Steinway.
La nettezza del transiente trae forse vantaggio anche dall'assenza delle porzioni di corde risonanti non percosse, aggiunte in seguito con i brevetti sopra menzionati.
La meccanica è un’elaborazione della mécanique à double percussion di Sebastien Érard, perfezionata dal brevetto (1850) di Henri Herz sulla vite di registro del secondo scappamento, che ne rese perfetto il controllo al tocco pianistico.
Il "tendi-catene", visibile sotto alle corde |
Questo strumento è fra l'altro dotato di un avveniristico congegno, per porre in tensione le quattro catene maestre della tavola armonica, regolando entro una certa misura l'assetto del nesso tavola armonica catene.
Questa tipologia storica, occupa un ruolo centrale e determinante nell’ambito della febbrile ricerca effettuata sul pianoforte durante l'Ottocento, rappresentando nel contempo l'archetipo del pianoforte moderno. Se nella prima metà del secolo il contributo più significativo a tale ricerca era senz'altro giunto dal Vecchio Continente, l'avvenimento più eclatante del secondo cinquantennio dell'Ottocento, sul piano della storia organologica dello strumento, fu costituito senza dubbio dall'avvento della tipologia Steinway.
Nota sul restauro
Questo pianoforte giunse in Italia dal Regno Unito attorno al 1989. Molto probabilmente era stato utilizzato senza risparmio durante il periodo della sua massima efficienza (come capita per lo più agli strumenti molto riusciti), subendo poi le più svariate peripezie, ben ripercorribili attraverso un’accurata analisi diretta, nella contingente capricciosità delle circostanze.
Privato delle corde e usato come mobile per liquori, mostrava sulla tavola armonica numerose fenditure da ritiro dimensionale e non era in grado di emettere alcun suono.
Il restauro di Flavio Ponzi si è sviluppato in due fasi: durante la prima fase (dal 1989 al 1990), un’attenzione particolare fu dedicata al recupero della tavola armonica originale e al pieno ripristino della meccanica. La continuità visiva e fisico-acustica della tavola armonica, fu ripristinata con cura eseguendo un paziente “intarsio” integrativo, utilizzando listelli di Picea Sitchensis (Bong.) Carrière, tratti dalle parti superstiti di una tavola armonica Steinway di pochi anni successiva, occasionalmente reperita.
L’assetto originale della tavola armonica e delle catene risultava piuttosto deformato da ripetute sollecitazioni termo-igrometriche, come spesso avviene in pianoforti di questa età. Tavola armonica e catene furono quindi completamente smontate e successivamente accuratamente ri-assemblate, per permettere il perfetto ripristino dell’assetto fisico originale dello strumento.
Questa lunga procedura si inserì nella ricerca condotta da F.Ponzi su numerosi altri pianoforti storici, in particolare per quanto riguarda il rapporto fra le deformazioni dell’assetto del nesso tavola armonica–catene, e il rendimento acustico. Tale approccio fisico acustico volto alla ricostruzione del timbro e del rendimento sonoro originali, ha permesso l’elaborazione di dati sperimentali nuovi (presentati poi a vari congressi internazionali di organologia e fisica acustica).
La tastiera e la meccanica di questo pianoforte Steinway si erano deformate a causa di sbalzi igrotermici, uso intenso e cattive condizioni di conservazione: pertanto tali parti furono accuratamente restaurate o integrate con componenti moderne, e riportate a una perfetta efficienza esecutiva.
Nel corso di quel primo restauro furono riutilizzati i martelli originali, piuttosto consunti e assottigliati (come spesso avviene nei pianoforti storici).
La restituzione di un assetto ottimale al sistema fonico primario (tavola armonica catene), e il recupero di una piena efficienza meccanica, evidenziò comunque la spiccata calorosità del timbro e l’ampiezza di rendimento fonico di questo strumento.
A causa delle depauperazioni subite, il mobile fu integrato (in quella prima fase), con parti occasionalmente recuperate da strumenti coevi.
Lo strumento fu utilizzato da F.Ponzi per la registrazione di un cd di musiche di Brahms (1990), e negli anni successivi fu usato da numerosi pianisti nel corso di concerti pubblici.
Sopra: martelli bassi replicati |
F.Ponzi, raggiunti nei venti anni successivi numerosi obiettivi sperimentali sulle problematiche del restauro dei pianoforti storici, è ritornato su questo restauro nel 2010 e 2011, portando a compimento alcuni aspetti, non affrontati nel corso della prima, pur complessa, fase:
1) il ripristino completo dell'elegante mobile dello strumento, di stile neorococò;
2) la replica della martelliera originale;
3) la rifeltratura dei martelli originali;
4) il ripristino del somiere originale.
Il ripristino dell’elegante mobile originale dello strumento si è basato sui rilievi eseguiti su esemplari originali Steinway dello stesso modello. L'integrazione delle gambe e della lyra originali è stata eseguita nel 2002 dallo scultore del legno Gianfranco Grandoni.
L’allestimento complessivo mostra il multiforme dialogo cromatico fra diverse essenze nobili: palissandro brasiliano, ebano e palissandro indiani.
La replica della martelliera originale è stata eseguita sulla base dell’osservazione e dell’analisi delle misure, dei materiali e delle procedure, incentrate su tre martelliere Steinway coeve (dal 1867 al 1880), nell’ambito della metodologia elaborata da Ponzi per il restauro e il riuso interpretativo delle tipologie pianistiche romantiche. Tale approccio si fonda sulla verifica oggettiva fisico–acustica dei risultati del restauro, al fine di sottrarli al giudizio discrezionale e soggettivo (ossia auto referenziato), del restauratore stesso.
Il procedimento di rifeltratura dei martelli originali è stato un momento di sintesi disciplinare, organologica e operativa ottimale, nell'ambito della lunga ricerca svolta da F.P. sulle martelliere Steinway della seconda metà dell'Ottocento.
Tale ricerca ha chiarito in modo inedito alcune determinanti differenze costruttive e timbriche fra i martelli Steinway del periodo tardo romantico e quelli costruiti in epoca moderna.
E' in corso l'elaborazione dei risultati in pubblicazioni specifiche, da parte di F. Ponzi, anche attraverso l'acquisizione di numerosi campioni acustici, che permettono di documentare in modo oggettivo le differenze di qualità timbrica, in relazione alle diverse variabili costruttive applicate nelle procedure di replica e rifeltratura.
Sotto: martelli bassi originali dello strumento, dal n. 6 al n. 10 (da destra a sinistra). Prima (sopra), e dopo la rifeltratura (sotto), eseguita da F.Ponzi con proprie attrezzature specializzate. La foto documenta la forma non ancora del tutto normalizzata, rilevabile subito dopo la separazione dei martelli stessi.
Sotto: l'intera martelliera rifeltrata, molto prossima alla forma e all'intonazione definitiva. L'ordine progressivo dei martelli va da destra a sinistra. La rifeltratura ha comportato anche la ricostruzione completa dei sottofeltri (in cattive condizioni), dal martello n. 38 al n. 85 (escludendo il n. 39). |
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In considerazione dell'ottima incollatura finale dei feltri, F.P. ha preferito non applicare le graffette di sicurezza, allo scopo di non indebolire le anime di mogano originali con un ulteriore foro aggiuntivo. E' da osservare che in tali anime lignee furono fin dall'inizio praticati i due fori di prammatica (di circa un mm.), destinati all'inserimento dei tipici nodi di filo di rame con i capi attorcigliati, in uso nell'Ottocento. Sotto: i martelli originali rifeltrati, dopo il montaggio su una seconda barra appositamente costruita, completa di stiletti e regolatori del primo scappamento. A sinistra della tastiera è visibile la martelliera replicata. |
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L'intonazione dei martelli originali rifeltrati, è perfezionata da F.P. nel corso di un congruo periodo di prassi esecutiva, al fine di verificare la completezza e l'ampiezza della gamma e delle sfumature espressive, nonché del rendimento dinamico. Tali martelli antichi (rifeltrati secondo le procedure originali), hanno subito evidenziato una sonorità espressiva e molto pura. |
Sotto: immagini delle caviglie, di mm. 6,75 x 64. L'attrito, misurato con dinamometro nella direzione della coppia torcente impressa dalle corde (cioé in senso anti orario), va da circa 17 a 21 Nm. |
Sotto: martelli del settore acuto, replicati |
Sotto: martelli gravi replicati |
Sotto: vista d'insieme dello strumento |
Sotto: vista interna della meccanica |
Sotto: Vista dall'alto |
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